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venerdì 26 aprile 2024 ..:: Chiedi agli esperti » Donatella Cerè ::.. Registrazione  Login
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DOMANDA
RISPOSTA DI DONATELLA CERE’
Gentile Avv Cerè,
ho vinto una causa dinanzi al Giudice di Pace, nella quale il mio cliente era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
Per ottenere il pagamento delle somme liquidate in sentenza (sorte capitale + spese di giudizio) devo procedere ordinariamente, ovvero tramite notifica di atto di precetto e sentenza nei confronti del soccombente, oppure è sufficiente che io depositi una notula/preavviso di parcella (o fattura) presso qualche ufficio competente in merito o presso la cancelleria del Giudice, con allegata delibera del Consiglio dell'Ordine di ammissione al gratuito patrocinio?
 
Gentile Collega,
il quesito di diritto postomi può essere risolto ad un’attenta valutazione della ratio sottesa alla disciplina del gratuito patrocinio, nonché dell’esito della lite nei confronti di colui che di tale diritto si avvale.
Sul primo punto, la giurisprudenza unanime concorda nel dire che il diritto al gratuito patrocinio garantisce la difesa ai non abbienti, rimuovendo così gli ostacoli descritti all’art. 3 Cost., in virtù di un’applicazione dell’art. 24 Cost. che tende alla realizzazione concreta del diritto di uguaglianza in senso sostanziale.
Peraltro, questa regola vale ovviamente solo in presenza di un provvedimento che sia sfavorevole a colui che è stato ammesso al gratuito patrocinio, giacché in caso contrario il provvedimento del giudice che liquidi in sentenze sia la sorte capitale che le spese di giudizio avrà efficacia assorbente rispetto ad ogni provvedimento eventuale, come emerge dal citato T.U. in materia di spese e di giustizia.
In tal senso, è opportuno distinguere varie ipotesi:
a)                 la prima prevede dei soggetti ammessi al gratuito patrocinio e che risulti soccombenti all’esito del giudizio: in tal caso, sarà correttamente applicabile la disciplina prevista al DPR 115/2002;
b)                 il caso in cui gli stessi soggetti riportino una vittoria nella lite: in questa ipotesi, si deve analizzare criticamente il provvedimento del giudice di merito in ordine alla voce relativa a quanto deciso in ordine alle spese di giudizio. Ne deriva che solo se il giudice dispone che le spese di giudizio sono pagate dalla controparte del processo, non sarà applicabile il T.U. in materia di spese e di giustizia; in caso contrario varrà l’opposta disciplina;
c)                  l’ipotesi di coloro che possono autonomamente onorare i debiti nei confronti della controparte derivanti dalla sentenza, compresi quelli relativi al pagamento delle spese di giustizia ovvero che, al contrario, non siano stati ammessi al gratuito patrocinio: in tal caso, i soggetti in esame esulano totalmente dell’ambito di applicabilità della surriferita norma
Pertanto, qualora la lite abbia esito vittorioso per il soggetto ammesso al patrocinio e il giudice disponga la soccombenza della controparte anche in relazione alle spese del giudizio, sarà sufficiente per il difensore del soggetto ammesso al gratuito patrocinio la notifica dell’atto di precetto e della sentenza al soccombente, perchè non sussistono le ragioni per cui si dovrebbe ricorrere al DPR 115/2002.
 
Gentile Collega Cerè,
ho assistito in un procedimento per convalida di sfratto per morosità il Sig. XXXX  ammesso, in via anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato, da parte del nostro Consiglio dell’Ordine.
Nel corso dello suddetto giudizio ho chiesto la  concessione  del termine di grazia e, successivamente,  il termine massimo per l’esecuzione, non avendo il cliente provveduto a sanare la morosità intimata.
Conclusosi il processo ho regolarmente  depositato l’istanza per la liquidazione dei miei compensi che, però, il Giudice designato Dott.ssa Giamnmusso della VI sezione, con ordinanza del 18/4/2007,  ha rigettato con la seguente motivazione:.
“osservato che, ai sensi del 6° co. Dell’art. 660 c.p.c., nella fase della convalida è consentito all’intimato, al quale solo in questa fase del giudizio è possibile essere giuridicamente presente nel  processo senza essersi formalmente costituito (mentre tale possibilità è preclusa nel processo ordinario, nel quale la parte ha invece la necessità di costituirsi formalmente a mezzo di un difensore, a ciò abilitato, che depositi all’uopo un’apposita comparsa di costituzione), comparire di persona all’udienza al fine di opporsi alla convalida e di compiere le attività previste dagli art. da 663 a 666 c.p.c.;
considerata peraltro la natura della controversia, che aveva ad oggetto la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore per mancato pagamento dei canoni di locazione pattuiti per il godimento di un immobile adibito ad uso abitativo e che la stessa si è conclusa con un provvedimento di convalida non avendo l’intimato provveduto a sanare la morosità nel termine all’uopo assegnatogli ex art. 55 l. 392/78, fase nella quale il XXXXX poteva svolgere tutte le attività necessarie alla difesa della sua posizione senza ricorrere all’ausilio di un difensore;
che pertanto ricorrono nel caso di specie i presupposti per revocare, ai sensi  dell’art. 136 del d. l.vo 113/02 (testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia), l’ammissione anticipata di XXXXX al gratuito patrocinio, disposta con provvedimento del Consiglio dell’Ordine di Roma del 16/11/2006”.
Considerato che il cliente non è più reperibile, Vorrei sapere se posso fare ancora qualcosa per ottenere il pagamento delle mie spettanze o debbo considerare questo un caso di  patrocinio a spese…..mie.
 
Gentile Collega,
il provvedimento con cui il giudice ha disposto la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio è criticabile, in punto di diritto, per una molteplicità di profili.
Anzitutto, un aspetto della irragionevolezza del provvedimento riguarda la diversità di rationes che soggiacciono, rispettivamente, all’art. 55 della L. 392/1978 e all’art. 36 T.U. 115/2002. Infatti, se da un lato, la legge sull’equo canone impone la mera possibilità di una sanatoria giudiziale della morosità (pur prevedendo “ove il pagamento non avvenga in udienza” la facoltà per il giudice, dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, di assegnare un termine non superiore a giorni novanta); dall’altro, il DPR 115/2002 in materia di spese e di giustizia, per condivisa e consolidata interpretazione giurisprudenziale, intende garantire a coloro che non abbiano i mezzi economici necessari ad un’adeguata difesa in giudizio la possibilità di ricorrere all’istituto dell’assistenza legale gratuito (argomento, questo, ricavabile dal combinato disposto fra l’art. 3 e l’art. 24 Cost.), non emergendo invece dal dato testuale la rilevanza di valutazioni sul merito della causa che potrebbero giustificare il provvedimento di liquidazione.
Sotto altro profilo, peraltro, l’eterogeneità radicale delle due discipline fa propendere l’interprete nel senso di una reciproca autonomia dell’una rispetto all’altra. In altre parole, il fatto che un soggetto non riesca ad adempiere al termine indicato dall’art. 55 L. 392/1972 alla sanatoria della morosità non impedisce che questi possa accedere al gratuito patrocinio, poiché quest’ultima circostanza, in quanto afferente alle difficoltà relative all’esercizio del diritto di difesa è anteriore al merito della causa, per un verso, e rispetto ad essa indipendente, dall’altro.
Inoltre, nell’ipotesi in esame non emerge nessuna modifica delle condizioni reddituali, che legittimerebbe la revoca del provvedimento di ammissione ai sensi dell’art. 136 T.U. 115/2002, né il fatto che l’interessato abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave si può inferire aprioristicamente dal mancato rispetto del termine formale.
Essendo il diritto al gratuito patrocinio dotato di una valenza logica e giuridica preliminare al giudizio di merito, nel senso che costituisce la condizione per potere esercitare il diritto di difesa nel processo, si deve dedurre che esso sarà indipendente dalla sua declinazione nel caso concreto, sicché dal mancato concreto esercizio di tale diritto non si può ricollegare la revoca del provvedimento di ammissione.
Infine, sotto un aspetto strettamente logico-formale, è sindacabile l’illegittimità del provvedimento di revoca anche nell’orizzonte della sua interna incoerenza motivazionale, in quanto esso parte da premesse normativamente fondate su una disciplina (quella che si ricollega alla normativa in materia di equo canone) e perviene a conclusioni che non si riallacciano ragionevolmente ai postulati immessi a fondamento dell’iter motivazionale.
Alla luce delle pregresse considerazioni, dunque, è indubbiamente esperibile la via del ricorso avverso il provvedimento che rigetta l’istanza di ammissione ex art. 99 T.U. 115/2002, in quanto il provvedimento di revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio risulta palesemente infondato in diritto.
 
Gentile Collega,
ricorrendo i requisiti di reddito, può essere chiesta la procedura applicabile per la materia civile, benché il processo instaurato e in ragione del quale l’istante chiede l’ammissione al patrocinio gratuito sia di carattere penale?
 
Gentile Collega,
in relazione il quesito propostomi in tema di patrocinio a spese dello Stato, disciplinato dal DPR 115/2002 è se, ricorrendo i requisiti di reddito, può essere richiesta da parte dell’istante la procedura applicabile alla materia civile, benché il processo instaurato e in ragione del quale l’istante chiede l’ammissione al patrocinio sia di carattere penale.
Ad una prima lettura di carattere sistematico del Testo Unico in materia di spese e di giustizia, va menzionato anzitutto l’art. 2, 1° comma che individua una valenza generale delle norme presenti nel citato decreto (e, in tal senso, applicabili a qualsivoglia processo), eccettuate quelle che si riferiscono ad un ambito applicativo più ristretto: infatti, testualmente il legislatore afferma che “le norme del presente testo unico si applicano al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, con l’eccezione di quelle espressamente riferite nel presente testo unico ad uno o più degli stessi processi”.
In tal senso, al fine di stabilire quali siano le regole inerenti l’ammissione al gratuito patrocinio applicabili nel singolo processo (civile, penale, etc…), ci si deve prioritariamente chiedere se la predetta disciplina abbia carattere generale, se cioè valga per ogni processo, ovvero se vi siano delle differenziazioni normative, come si potrebbe evincere dall’interpretazione letterale dell’art. 2, 1° comma T.U. 115/2002.
Il legislatore, in proposito, regola l’ammissione alla Parte III del decreto citato, distinguendo delle disposizioni “generali” in materia civile, penale, amministrativa, contabile e tributaria (cfr. Titolo I) e delle norme, invece, a carattere “particolare” (cfr. Titolo II e IV). Ancor più nel dettaglio: mentre in materia penale, al Titolo II, fra le condizioni per l’ammissione al patrocinio emerge la regola dell’art. 92, grazie alla quale “se l’interessato all’ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con gli altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all’art. 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall’art. 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi”.
L’art. 92, in realtà, prevede due condizioni stringenti:
a)                 anzitutto, vale come regola “particolare” per il solo patrocinio a spese dello Stato nel processo penale;
b)                 in secondo luogo, la norma è applicabile solo in caso di convivenza dell’istante con il coniuge o con gli altri familiari
Ne deriva che in assenza di entrambe le condizioni, si applicherà l’ordinaria norma generale dell’art. 76, comma 1 DPR 115/2002, anche in ragione del fatto che l’applicabilità delle disposizioni particolari postula l’esistenza del relativo processo (civile, penale, amministrativo, etcc…) che giustifica l’applicazione della norma stessa, non essendo possibile per valutazioni di carattere sistematico, applicare delle disposizioni particolari in materia civile ad un processo penale (e viceversa). Il principio, così come ricostruito, vale anche per la regola derogatoria di cui all’art. 92, la quale ictu oculi è prevista solo per il processo penale.
In conclusione, in materia di gratuito patrocinio a spese dello Stato, le regole per l’ammissione allo stesso sono stabilite in via generale dall’art. 76, la quale impone un metodo di calcolo del reddito fondato sulla sommatoria dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante; questo criterio di calcolo, peraltro, è valido per tutti i processi instaurati, eccettuato quello penale, in virtù della norma derogatoria stabilita dall’art. 92 T.U. in materia di spese di giustizia, la quale determina espressamente un’elevazione dei limiti reddituali definiti dal citato art. 76. Inoltre, considerando il carattere particolare dell’art. 92, che si riferisce al solo processo penale, lo stesso legislatore inibisce ogni tipo di interpretazione estensiva o applicazione analogica del disposto menzionato ad altre ipotesi, sicché ne deriva l’inapplicabilità della norma ai casi in cui sia stato instaurato processo civile.
 
Gentile Collega,
ho proposto azione esecutiva tramite pignoramento presso terzi. Il giudice dell’esecuzione ha emesso ordinanza con la quale ha assegnato la somma alla mia cliente a parziale soddisfo del credito vantato ed a totale soddisfo delle spese di esecuzione che ha provveduto a quantificare. Allo stato non so che devo fare per avere le spese di esecuzione. Il terzo deve versare tutto alla mia cliente? In questo caso, la mia cliente può pagare me direttamente? Devo presentare al Giudice apposita istanza per far liquidare in mio favore le spese già liquidate ed evidenziate nel’ordinanza di assegnazione e quindi farle pervenire tramite cancelleria al modello 12?
 
Gentile Collega,
in presenza di un provvedimento giurisdizionale che assicuri al soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato un totale soddisfo per le spese di esecuzione, ci si può chiedere quale sia la procedura applicabile, se cioè la disciplina del DPR 115/2002 in materia di spese di giustizia abbia valenza generale o meno.
Il problema dell’ambito di applicazione della norma, in particolare, evoca le disposizioni generali di cui all’art. 8 del citato Testo Unico, che prescrive la regola secondo cui “se la parte è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, le spese sono anticipate dall’erario, secondo le previsioni della parte III” del predetto provvedimento.
Rinviando così agli artt. 74 ss. del DPR 115/2002, il legislatore ha introdotto delle disposizioni anch’esse a carattere generale sul patrocinio gratuito nel processo civile, precisando all’art. 75 (rubricato Ambito di applicabilità) che le norme della Parte III sono valide per ogni grado e fase del processo.
Pertanto, soggetto atto a pagare le spese processuali, alla luce della intera ratio legis che struttura la normativa in materia di spese di giustizia è unicamente lo Stato, in quanto soggetto promotore di quei principi dettati a livello costituzionale agli artt. 3 e 24 Cost.: da ciò discende, come automatico corollario, che solo lo Stato interviene al fine di perequare le disparità economiche di coloro che si trovano in condizioni di disagio, essendo esclusi soggetti terzi.
Coerentemente con tale principio, peraltro, il legislatore impone l’osservanza dell’art. 82, che tutela l’interesse del patrocinatore alla corresponsione dell’onorario: infatti, la norma citata prevede esplicitamente che “onorari e spese sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento”, improntando una regola che si inscrive tra quelle disposizioni generali sul patrocinio gratuito nel processo civile che è, in quanto tale, applicabile a qualsivoglia tipologia di rito in ambito civilistico.
In conclusione, il legislatore non operando alcuna distinzione o differenziazione fra i vari riti civili, impone – in ragione del combinato disposto fra gli artt. 8, 75 e 82 del DPR 115/2002 – una regola a carattere generale, alla luce della quale in ogni tipologia di processo civile nei confronti del soggetto ammesso al gratuito patrocinio, le spese sono anticipate dall’erario, essendo obbligato al pagamento delle stesse solo lo Stato; peraltro, gli onorari e le spese del difensore sono liquidati dall’autorità giudiziaria con decreto di pagamento, intervenendo il magistrato come soggetto pubblico.
 
 

  
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