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Poveri nostri soldi Riduci
          6.07.2006.  I gravi motivi che non ci hanno consentito di approvare il conto consuntivo 2005 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma.
 
          Agli Avvocati romani, angosciati dalla dichiarazione di guerra del governo, poco importa in questi giorni del conto consuntivo 2005 che sarà posto in approvazione nell’assemblea dell’Ordine del 12 luglio prossimo .
 
In tale situazione di generale distrazione tireranno un sospiro di sollievo coloro che sono responsabili di spese nell’anno 2005 che non ho approvato (perché proprio non si potevano approvare).
 
Altro “cavallo di battaglia” per distogliere l’attenzione dal conto consuntivo 2005 (ottenendone così una errata approvazione) sarà il tema dell’assurda richiesta -rivolta al Consiglio dell’Ordine dal Primo Presidente della Corte di Cassazione- di rilasciare la nostra tradizionale sede principale nel Palazzo di Giustizia, per consentirne l’adibizione a locali per la Corte:   la pretesa non ha fondamento e non potrebbe essere azionata, tanto meno da un altro “coinquilino” come è il Presidente della Corte: sei anni fa non la passò liscia l’allora Primo Presidente della stessa Corte, che aveva fatto privare i dipendenti del Consiglio dei parcheggi.    Anche il nuovo assurdo “preavviso di sfratto” servirà purtroppo a non far analizzare con attenzione in assemblea il conto consuntivo 2005.   
 
In altro testo rendo il frutto di mie riflessioni per sfuggire con abilità alla nostra mattanza decretata dal governo (ritenendo io, invece, fatale scioperare a danno nostro e dei nostri assistiti, offrendoci stupidamente agli insulti della stampa, che al 95 % è spudoratamente filogovernativa).
 
Qui affido ai Colleghi, val dire a coloro che stimo ed ai quali dedico il mio impegno, qualche notizia e qualche considerazione sul conto consuntivo 2005.   Per la straordinaria importanza del tema, non mi faccio scrupolo di impegnare qualche minuto del Vostro tempo, essendo nel Vostro interesse.
 
* * *
 
Nell’adunanza dello scorso 25 maggio soltanto a maggioranza il Consiglio ha approvato il conto consuntivo dell’anno 2005 (ed il bilancio preventivo del 2006).
 
            Essendo quel giorno assente il Prof Giulio Prosperetti, in coscienza e per scrupoloso senso del dovere abbiamo espresso in tre la nostra disapprovazione: Donatella Cerè, Paolo Nesta ed io.   Poiché il conto consuntivo sarà sottoposto all’assemblea degli iscritti, è opportuno accennare almeno ad alcuni dei motivi di disapprovazione, alla luce di quanto rigorosamente disposto dalla legge (art 7 del D.Lgs.Lgt 382/1944, secondo comma):
Il Consiglio può, entro i limiti strettamente indispensabili a coprire le spese dell’ordine o collegio, stabilire una tassa annuale, una tassa per l’iscrizione nel registro dei praticanti e per l’iscrizione nell’albo, nonché una tassa per il rilascio di certificati e dei pareri per la liquidazione degli onorari ”.  
 
Tra le spese secondo me inaccettabili, che risultano nei dettagli del conto consuntivo 2005, segnalo 10.000 euro erogati dal Consiglio allora in carica ad una associazione (A.I.G.A.) ed altri 10.000 erogati ad altra associazione (Unione Nazionale delle Camere Civili), altri 10.000 all’O.U.A., altri 5.000 euro per un torneo di calcio, oltre 25.000 euro al quotidiano Il Tempo (sul quale sono comparsi testi di componenti del cessato Consiglio, testi che tutti sono in grado di valutare), altri 25.000 euro alla Scuola Forense del Lazio (mentre il Consiglio, sotto la mia presidenza recedette da quell’istituto, fondando la Scuola Forense Romana “Vittorio Emanuele Orlando”, che è del nostro Ordine).   Mi fermo qui, mentre Paolo Nesta è stato più analiticamente critico.
 
Noi tre Consiglieri, da Voi eletti ad amministrare l’etica di una onorata categoria, non potevamo accettare il travalicamento di limiti tanto rigorosi, che -come ho sopra trascritto- sono imposti dalla legge per le spese dell’Ordine.   Grande è anche lo sbalordimento perché -per la prima volta, a nostra memoria- il conto consuntivo del Consiglio presenta un notevole disavanzo, nonostante l’aumento degli iscritti (e relative contribuzioni).  
 
Il rendiconto finanziario dell’anno 2005, nel prospetto delle “Entrate”, evidenzia una morosità lievitata a livelli colossali (vanamente contestati dal Collegio dei Revisori dei Conti nelle sue verifiche periodiche):   oltre 3 miliardi e mezzo di lire, precisamente 1.774.371,74 euro di morosità (dei quali ben 599.406,35 euro di praticanti molti dei quali si sono ormai indirizzati verso altri lidi), che sembra davvero impossibile recuperare totalmente, con buona pace del suo impossibile inserimento nel rendiconto, come se fosse un credito serio.     E noi dovremmo approvare un simile conto consuntivo credendoci ?
 
Durante la mia presidenza, nel conto consuntivo 2001 (per gli appena 10 mesi di gestione, dal 1° marzo al 31 dicembre) risultarono invece risparmi per oltre 500 milioni di lire (sicché riducemmo i già esigui importi dei contributi annuali), nel conto consuntivo 2002 l’avanzo per la rigorosamente severa gestione del denaro pubblico (Vostro) superò l’eccezionale importo di 800 milioni di lire e nel conto consuntivo 2003 l’avanzo fu ancora di oltre 800 milioni di lire: un record di scrupolosa austerità, seguendo il principio che per essere eletti è disonorevole abusare clientelarmente del denaro pubblico, alla affannosa ricerca (ossessiva) di un “consenso pagato”, alla luce dell’esigenza che il consenso elettorale debba invece essere un “consenso appassionato”, in riconoscimento della consacrazione al bene comune dei nostri rappresentanti, che abbiano ben operato.
 
            E’ appena il caso di segnalare che il Consiglio in carica negli anni 2004 e 2005 non ha dovuto pagare alla Cassa di Previdenza Forense i canoni di locazione per la grande sede secondaria di via Valadier, poiché se li è trovati già pagati (anticipatamente per tre anni, come allora convenuto per giustificare agli organi di vigilanza della Cassa l’enorme sconto sul canone che avevamo ottenuto). Dunque ancora nel 2005 quel consiglio neppure dovette pagare il canone di quella locazione, eppure è riuscito ad andare in disavanzo.
 
            Ero stato eletto presidente il 1° marzo 2001 e già il 26 aprile successivo il Consiglio deliberò un regolamento che rendeva impossibile spendere in favore di singoli iscritti ed associazioni private il denaro che il Consiglio pretendeva dagli iscritti per i contributi, stabilendosi condizioni rigorosissime (che purtroppo il 14 luglio 2005 il Consiglio - nella composizione dell’anno scorso - variò, sicché il 19 luglio risultano erogati i 10.000 euro all’AIGA ed il 26 luglio altri 10.000 euro all’Unione delle Camere Civili. Evviva).   Inoltre, in quel regolamento del 26 aprile 2001 si stabiliva che se la richiesta al Consiglio di una contribuzione fosse stata eccezionalissimamente meritevole (superando perfino i tanti paletti di quel regolamento tanto austero), il denaro da erogare non venisse tratto dai contributi obbligatori degli iscritti, ma dalle donazioni di “Amici dell’Avvocatura romana”, per i quali inventammo un apposito “Albo d’Onore”da tali “Amici” ottenemmo parecchie decine di milioni di lire (mi pare 40 milioni dalla Banca di Roma, appositamente pregata, così come da altri):   sul Notiziario Foro Romano erano pubblicate tali donazioni per ottenere l’inserimento nel detto ”Albo d’Onore”.   Non mi sento ridicolo a riferire certe invenzioni e certe iniziative, frutto di appassionata dedizione al bene comune, ma anche alla luce di una applicazione scrupolosissima delle limitazioni per le spese “strettamente indispensabili”  ecc.
 
            Potrei continuare ad additare al Vostro sdegno i responsabili delle spese che ritengo non approvabili, ma mi limito a riferirVi un tremendo episodio di un paio di mesi fa:    poiché il Comitato dei Delegati della Cassa di Previdenza aveva deliberato che dall’anno prossimo aumentino i contributi previdenziali a nostro carico, avevo ritenuto mio dovere      - nell’inerzia degli altri delegati del Lazio- informarne i Colleghi, trasmettendo una circolare per telefax a mio spese: in quel testo concludevo con un cenno al Consiglio dell’Ordine di Roma, con la mia critica agli articoli che nel 2005 i componenti del Consiglio avevano fatto pubblicare su Il Tempo, al quale erano stati pagati migliaia di euro di soldi nostri (a differenza -appunto- del mio telefax informativo sull’aumento dei contributi alla Cassa, che a mie spese offrivo per dovere ai Colleghi).   Anticipavo che mi sarei opposto al rinnovo della convenzione con quel quotidiano ed all’ipotesi di stipularne anche un’altra a maggior prezzo con Il Messaggero.
 
            In Consiglio sono stato poi aggredito per due ore e mezzo per essermi consentito di divulgare quel mio pensiero sui preventivi inviati dai due quotidiani, che sarebbero stati discussi in Consiglio, quasi che la nostra istituzione debba essere, incomprensibilmente, un covo di segretezza contro i nostri amministrati:   subire quelle due ore e mezzo di attacchi è stato penosissimo per me, oltre che assurdo, incredibile, oltraggioso per il buon senso.   Però hanno smesso di pubblicare a caro prezzo i loro testi (che oltretutto non avevo affatto apprezzato). Una vittoria al prezzo dell’accanito sfogo contro di me.
 
            Nell’adunanza del 22 giugno scorso, il Presidente ha riferito che la Scuola Forense del Lazio ha chiesto che il Consiglio romano contribuisca (ancora ) nella misura del 78% alla copertura delle spese di quella istituzione, diversa e privata. Ho fatto verbalizzare         -suscitando l’ira di qualcuno- che mi opponevo e mi sarei opposto a deliberare quella contribuzione. L’argomento è stato rinviato, ma io sono sempre più sbalordito.
 
            Poiché la legge sulle contribuzioni che il Consiglio può imporre ai propri iscritti        -come sopra segnalato- finalizza tali oneri economici (che gli iscritti debbono obbligatoriamente subire) con tre rigorosissime parole: “limiti”, “strettamente”, “indispensabili” e riferisce tanto occhiuta severità alla mera copertura delle spese, nell’adunanza del 25 maggio, per approvare anche io il conto consuntivo avevo auspicato, a verbale “quale temporanea soluzione nell’immediato, che i Componenti del Consiglio che nel 2005 deliberarono -caso per caso- le spese per finalità non strettamente rientranti nelle rigorose previsioni legali, coprano di tasca propria gli importi di tali uscite, sicché il conto consuntivo, depurato degli importi che esso Cons Bucci ritiene di non poter approvare, possa essere infine unanimemente approvato dal Consiglio e presentato così all’Assemblea degli iscritti”.     Avete già immaginato che nessuno ha “coperto di tasca propria” e così io ho dovuto non approvare quel conto consuntivo.
 
            Per risvegliare il Vostro buonumore, Vi riferisco una tesi fantagiuridica:   poiché l’assemblea degli iscritti aveva approvato il bilancio preventivo per l’anno 2005 (poi “sforato”, per la prima volta nella nostra storia, di 119.076 euro), le spese fatte dal Consiglio nell’anno 2005 -perfino se fossero contrarie alla legge- “devono” essere approvate, rientrando (neppure tutte) negli importi “generici e globali” del preventivo ed essendo state deliberate volta per volta dal Consiglio di allora, senza che alcuno impugnasse quelle deliberazioni dinanzi al TAR.   Un bambino riderebbe di tale tesi, ma qualcuno spera che ci crediamo.
 
De hoc satis.

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